L’omicidio Torregiani e Cesare Battisti
(contributo di conoscenza dei fatti di Armando Spataro, 3 gennaio 2011)
Il 22 gennaio del 1979, un gruppo di rapinatori comuni, senza alcun collegamento con la galassia del terrorismo, irrompe nel ristorante Transatlantico di Milano. Tra i clienti presenti, c’è un gioielliere, Pierluigi Torregiani, che, minacciato, reagisce: ne nasce una colluttazione con i rapinatori e una sparatoria: Torregiani e un altro cliente erano armati. Muoiono uno dei rapinatori (Orazio Daidone) e un cliente. Torregiani e un altro cliente vengono feriti. Il 16 febbraio del 1979, alcuni terroristi irrompono nella gioielleria di Torregiani e lo ammazzano. Anche il figlio del gioielliere rimane coinvolto nell’azione e, ferito da un colpo di revolver esploso dal padre per difesa, rimarrà paralizzato. Con un unico volantino vengono rivendicati sia l’omicidio Torregiani che l’omicidio del macellaio di Mestre Lino Sabbadin, avvenuto a Santa Maria di Sala, vicino Venezia, quasi in contemporanea: anche lui aveva fatto fuoco, in precedenza, su un rapinatore. La motivazione dei due omicidi, come spiegato nel volantino a firma Proletari armati per il comunismo (Pac), è identica: i rapinatori uccisi a Milano e Venezia erano proletari e nessuno poteva arrogarsi il diritto di farsi giustizia e di colpirli solo perché volevano riappropriarsi di quanto era stato tolto loro dalla società capitalista.
I Proletari armati per il comunismo commetteranno altri omicidi (il primo era stato quello del maresciallo Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978 e l’ultimo sarà quello dell’agente del la Digos Andrea Campagna, ucciso a Milano il 19 aprile 1979), ferimenti e rapine. Ma già dopo l’omicidio Torregiani subiscono…scarica il PDF completo